Donne e scienza: non basta la rappresentazione

Cosa c’è davvero dietro il fenomeno della scarsa presenza femminile negli ambienti accademici, in particolare quelli STEM? Più di quello che sembra. Ecco qualche spunto per non banalizzare il problema

L’11 febbraio è la Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, istituita nel 2015 per sensibilizzare sul divario di genere che caratterizza la partecipazione femminile nelle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica).

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Università, enti, aziende e influencer approfittano di questa giornata per pubblicare contenuti sul tema. A volte per sincero interesse, spesso perché devono. A volte conoscendo il fenomeno, spesso non conoscendolo. Il risultato? Post se va bene banali, se va male frutto di un’insopportabile pinkwashing che danneggia la causa.

La rappresentazione delle scienziate è importante, ma non basta

Sicuramente i contenuti social che vanno per la maggiore sono quelli di rappresentazione delle scienziate. Si dà visibilità alle donne di scienza del presente e del passato, ed è bellissimo.

Ma non basta e dobbiamo esserne consapevoli.

Dietro il fenomeno della scarsa presenza femminile negli ambienti accademici si nasconde molto più di “dobbiamo invogliare le ragazze a intraprendere la carriera scientifica“. È importante sottolinearlo, l’11 febbraio e sempre.

Ecco alcuni spunti per entrare più a fondo nella questione, e proporre contenuti a tema donne e scienza non banalizzanti. Fatene buon uso!

Stereotipi di genere e matematica

Lo stereotipo di genere che le bambine e le ragazze siano meno brave in matematica dei ragazzi ha serie conseguenze sulla scelta dei percorsi di studio e di carriera. A 6 anni le bambine hanno già interiorizzato questo pregiudizio, che non le abbandonerà mai. Le porterà lontane dalla scienza. Oppure le porterà in un ambiente scientifico, ma con il dubbio costante di non essere all’altezza.

Gli adulti, soprattutto insegnanti e genitori, possono fare la differenza.

Segregazione formativa

Dai dati sulla presenza femminile nella carriera accademica emergono due fenomeni:

  1. La segregazione formativa orizzontale è la scarsa presenza di donne in alcuni ambiti di studio e di ricerca, quelli che per semplicità vengono chiamati STEM.
  2. La segregazione formativa verticale è scarsa presenza femminile ai vertici della carriera accademica. Questo fenomeno riguarda tutti gli ambiti di studio e di ricerca.

È importante sottolinearli entrambi per una visione olistica del problema, e per non cadere in semplificazioni o errori. Perché no, la scarsa presenza femminile negli ambienti accademici non riguarda solo le materie STEM ma tutti gli ambiti del sapere umano.

Soffitto di cristallo

Nella salita per arrivare ai vertici della carriera, c’è un tetto oltre il quale sembra che le donne (o la maggior parte di esse) non riescano ad andare. Questo tetto è invisibile, molti negano la sua esistenza, eppure c’è. È misurato.

Fonte: Miur, 2022.

Adesso lo vedete?

Il soffitto di vetro o di cristallo, però, non riguarda solo la carriera accademica, riguarda tutti i tipi di carriera.

Violenza di genere

Ma perché, a un certo punto, le donne che hanno intrapreso, con difficoltà, una carriera accademica la abbandonano? Subiscono violenza.

L’ho chiamata violenza contro le scienziate, ed è un sottogruppo della violenza di genere.

Fonte: https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acs.molpharmaceut.2c00018#

La violenza di genere è un iceberg che ha alla punta la violenza sessuale, lo stupro, le molestie, ma alla base nasconde molti altri atteggiamenti. Dall’essere ignorate nelle call, al non essere citate per prime negli articoli accademici. Dall’avere spazi di lavoro più piccoli, all’essere licenziate dopo il congedo di maternità. O licenziarsi perché il peso del lavoro di cura cade tutto sulle donne. Questo è un problema culturale che si chiama società patriarcale. Riguarda le scienziate e riguarda tutte.

Effetto Matilda

Molte donne nella scienza esistite nella storia sono state volutamente invisibilizzate. Alcune pubblicavano dietro i nomi dei mariti, ad altre veniva impedito di farlo. Alcune lo hanno fatto ma le fonti sono state distrutte. Insomma, delle poche donne che ce l’hanno fatta abbiamo poche scritti e pochi documenti.

E senza madri si è orfane.

Questo fenomeno è stato teorizzato per la prima volta nel 1993 dalla storica della scienza Margaret W. Rossiter, e prende il nome di Effetto Matilda dall’attivista e filosofa Matilda Joslyn Gage.

Rosalind Franklin, caso eclatante e famoso di Effetto Matilda. Fonte: Wikimedia Commons.

Bias nella ricerca scientifica

Ma quali sono le conseguenze della segregazione formativa, del soffitto di cristallo, dell’effetto Matilda e della violenza di genere?

Il punto è fondamentale, eppure spesso viene tralasciato dalla narrazione. È importante sottolineare le conseguenze di questi fenomeni. Perché no, non riguardano solo le donne o la giustizia sociale. Riguardano anche e soprattutto la qualità della ricerca scientifica.

Su bagni pubblici, malattie “femminili”, pregiudizi degli algoritmi e molto altro ho tenuto un seminario che potete recuperare qui.

Non solo donne

Ultimo punto, ma non per importanza. La Giornata delle donne e ragazze nella scienza è dedicata alle donne, sì, ma il problema non è solo delle donne: è di tutte le categorie marginalizzate dalla società.

Oramai i dati sulla presenza femminile nella carriera accademica li conosciamo. Ma lo stesso non si può di quelli sulle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+, sulle persone razzializzate e sulle persone disabili, ad esempio. Su queste “minoranze” abbiamo pochi dati, poca rappresentazione, poche tutele, e non se ne parla.

Anche questo è importante.

Vorrei ricordare, infine, che la scarsa presenza femminile negli ambienti accademici (ma beh, abbiamo visto che è un po’ in tutti gli ambienti, perlomeno lavorativi) è una questione femminista. Diciamolo e trattiamola come tale.

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